Dolce e Gabbana "Gli uomini? Li faremo pregare in ginocchio"

Gli stilisti annunciano la prossima campagna choc "Ci accuseranno di offendere la religione"

MILANO
Lavorano no stop, giusto una pausa panino e caffè all’ora di pranzo. D’altronde fra qualche giorno cominciano le sfilate maschili a Milano e loro due sono totalmente assorbiti da casting, prove, ritocchi alla collezione (in calendario il 17 gennaio). Ma un po’ di tempo per chiacchierare e raccontarsi Stefano Gabbana e Domenico Dolce lo trovano sempre. E, come accade da oltre vent’anni, parlano insieme, uno comincia il discorso e l’altro lo completa. In un travaso continuo di idee e battute. Si comincia dal tema di stagione, la moda uomo. «Ormai rappresenta il 50 per cento del fatturato del marchio, è diventata importante quanto quella femminile. Questo perché gli uomini sono cambiati tantissimo. Oggi sono più liberi, non hanno paura di essere giudicati. Entrano nei negozi e scelgono da soli, senza bisogno di consigli. Non è più come una volta che i capi griffati erano per gay e persone stravaganti. A sdoganarli sono stati gli sportivi, calciatori e non solo, traducendo i trend con un linguaggio popolare. Il primo che ha cominciato a osare è stato David Beckham con l’orecchino, un taglio di capelli diverso, l’uso dei colori... E poi via sono arrivati gli altri. Noi abbiamo vestito il Milan, la nazionale di rugby e beach soccer... Lo sport ci è sempre piaciuto. Io vado in palestra, ho dovuto smettere la boxe perché avevo male alle mani, ma adesso la riprendo; Domenico è impallinato con il calcio e la Formula Uno».
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