Cis, la città degli affari replica in Cina

Per Luca di Montezemolo si tratta di un'operazione che «può diventare la porta di ingresso verso la Cina per tantissime piccole e medie imprese, in maggioranza del sud Italia». Mentre per il presidente della Regione Campania Antonio Bassolino «è un risultato straordinario, un modello da replicare sul terreno dell'internazionalizzazione». A chi si riferiscono Bassolino e Montezemolo: ad una grande impresa manifatturiera oppure a un colosso dei servizi? O invece il protagonista è un gruppo bancario che, ringalluzzito dalla fusioni degli ultimi anni, ha deciso di espandersi oltre la Grande Muraglia? Niente di tutto questo.


A «sbarcare in Cina», (ma i dettagli dell'intesa devono ancora essere perfezionati) ristrutturando 35 mila metri quadrati del vecchio quartiere coloniale italiano di Tianjin per trasformarlo in una cittadella del made in Italy in grado di vendere prodotti del Bel Paese ospitando 200 aziende e creando 500 posti di lavoro sarà infatti il Cis di Nola. E qui cominciano i guai. Perché il Cis è qualcosa di difficile da incasellare all'interno del panorama del capitalismo italiano. Certo, potremmo spiegare che si tratta di un «sistema commerciale» che raccoglie 350 grossisti delle più diverse merceologie, alimentare escluso, su un'area superiore a 1 milione di metri quadrati. Eppure questa descrizione sarebbe riduttiva.
Perché accanto al Cis, propriamente detto c'è l'Interporto con i suoi 3 milioni di metri quadrati, l'unico in Italia ad avere una stazione ferroviaria al suo interno. E non basta perché il distretto di Nola comprende anche un centro servizi (450 mila metri quadrati) che fa perno sul «Vulcano Buono»: 42 metri di altezza e 600 pilastri di acciaio firmati da Renzo Piano per un edificio tondeggiante (250 milioni di investimenti) che si affaccia su un'agorà (il «cratere») grande come la napoletana Piazza Plebiscito.
Guai a voi se lo definite un «centro commerciale» (Piano non ama questo termine) anche se fra pochi giorni, al momento dell'inaugurazione, lungo i mille metri della galleria circolare più lunga d'Europa si affacceranno circa 140 negozi, il supermercato Auchan, la multisala Warner, un albergo Holiday Inn, i bar e i ristoranti, le sale congressi, le rampe per un parcheggio da 8 mila posti. E allora?
In realtà descrivere il Cis appoggiandosi sui numeri risulterebbe fuorviante. Attualmente il distretto ospita un migliaio di imprese con un giro d'affari stimato sui 7 miliardi di euro. Domani, però, queste cifre saranno già superate. Anche perché le iniziative si susseguono a ritmo incalzante modificando progressivamente il profilo del progetto. Nel prossimo futuro, ad esempio, l'Interporto crescerà fin quasi a raddoppiare la superficie attuale.
Mentre già si parla di un quartiere che potrebbe ospitare le famiglie di un migliaio di dipendenti (in tutto sono circa otto mila) di questa singolare struttura. Un vero e proprio quartiere, dunque, che da una parte deve ottenere l'approvazione del Comune di Nola. Mentre dall'altra è allo studio un'operazione finanziaria per rendere l'acquisto degli appartamenti particolarmente vantaggioso, allineandolo ai costi di costruzione.
Eppure l'aspetto più sorprendente è che qui a Nola, a una quindicina di chilometri in linea d'aria da Napoli, si stia sperimentando non un modello d'impresa bensì la capacità di fare sistema da parte di una «rete» composta da centinaia di aziende indipendenti. Lo confermano i sette sportelli bancari aperti all'interno del Cis. E lo certificano iniziative come quella di Tianjin o la candidatura, (ancora ufficiosa) alla gestione dello scalo di Capodichino controllato dal colosso spagnolo Ferrovial e di cui l’Interporto detiene il 5%. E anche se Ferrovial ha affermato ufficialmente che l'aeroporto napoletano non è in vendita è noto che il gruppo iberico ha un forte indebitamento. E qualcosa, prima o poi, dovrà pure vendere.
Questa storia è iniziata a metà degli anni '70 quando Gianni Punzo, vulcanico commerciante napoletano, convinse una dozzina di colleghi che bisognava abbandonare Piazza Mercato, sede storica dei grossisti partenopei, per spostarsi all'esterno. Dentro la città, infatti, il commercio soffocava. E solo la creazione di una struttura pensata per lo sviluppo avrebbe assicurato un futuro al commercio cittadino. In breve tempo il gruppo crebbe fino a 170 membri e nel 1986 a Nola venne inaugurato il Cis. Da quel momento lo sviluppo trainato da Punzo sembrò inarrestabile. Emblematica l'apertura dell'interporto che oggi comprende un settore molto importante per il freddo con capannoni interi a 25 gradi sotto zero che ne fanno uno snodo strategico per tutto il Sud. L'unico intoppo fu l'accusa, mai provata, di collusione con il clan Alfieri che portò Punzo in prigione. Prosciolto in istruttoria, il presidente del Cis ha intensificato il suo impegno per lo sviluppo della cittadella del commercio.
Oggi la rete lanciata dal Cis si sta estendendo oltre i confini di Nola. I mille imprenditori che ruotano attorno alla struttura hanno capito che associarsi conviene. E che mettendosi assieme possono aspirare a traguardi sempre più ambiziosi. Ecco spiegati i collegamenti sempre più stretti con il Porto di Napoli. E non si tratta solo di integrazione logistica come testimonia il rapporto continuo fra la scalo marittimo e l'Interporto (all'interno di quest'ultimo c'è una Dogana perfettamente funzionante). Ma anche della gestione di una serie di negozi situati all'interno del Porto stesso da parte di un gruppo di commercianti che operano all'interno della struttura di Nola. Quanto al prossimo passo, in concomitanza con le Olimpiadi di Pechino (Tianjin dista dalla capitale 29 minuti di treno ad alta velocità) sarà proprio la Cina.
da La Repubblica

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